Quando i figli sono pronti, devono esserlo anche i genitori
Categoria : Scritti
QUANDO I FIGLI SONO PRONTI, DEVONO ESSERLO ANCHE I GENITORI
Le tappe evolutive dei figli, sane, progressive e inevitabili, non sempre sono vissute bene dai genitori, che non sempre sono pronti e attrezzati a fare i passaggi trasformativi, in corrispondenza dei cambiamenti dei figli.
Nel ciclo vitale niente rimane uguale, per fortuna, e i figli, evolvendo, attivano l’evoluzione della famiglia tutta.
Dalla totale dipendenza dei primi anni, con una dedizione fisica ed emotiva significativa, progressivamente si passa ad uno spazio di autonomia, fisico, psicologico ed emotivo, che diventa sempre più ampio, fino alla separazione-individuazione dell’adolescente e del giovane adulto. A questo processo devono contribuire entrambi, genitori e figli. I figli segnando il passo, i genitori accompagnando e facilitando.
Nel bellissimo cartone animato Nemo, la tartaruga, che fa fare giri pazzeschi e pericolosamente divertenti al cucciolo di tartaruga, perdendolo anche di vista, offre una risposta meravigliosa al papà di Nemo, terrorizzato di lasciar andare suo figlio e di darlo alla vita.
Alla domanda:”Come fai a sapere quando è il momento di lasciarli andare?”, la tartaruga risponde:”Non lo sai, ma quando sono pronti loro lo sei anche tu”.
Questo ci ricorda di fidarci dei figli e di affidarci alle loro spinte in avanti, così come della saggezza naturale del ciclo evolutivo che, se procede in armonia, non prevede grandi interventi da parte del genitore se non, appunto, facilitare e accompagnare i figli ai vari passaggi evolutivi, sostenendo senza anticipare troppo, né interrompere e bloccare.
Che cosa accade quando i figli sono pronti e i genitori non lo sono?
Di fronte alle ansie e ai processi inibitori dei genitori, i figli possono rispondere in maniera diversa.
❣️ Ci sono figli che diventano apripista e aiutano i genitori a fare passaggi di fasi e quello che non arriva proprio spontaneamente nel genitore, viene comunque da lui intrapreso proprio per rispondere alle spinte evolutive dei figli.
🎈 Altri che, non chiedendo niente per sé, non rompono la cornice di regole e paure e, compiacendo silenziosamente, non generano passaggi evolutivi, né per sé né per i genitori.
❣️I primi, i figli ribelli e trasgressivi, oppure coraggiosamente sani, si prendono il compito di muovere il conflitto e lo scontro, per ottenere la soddisfazione di bisogni evolutivi, legittimi e importanti. Lottano, spingono, confliggono per realizzare esperienze e avviare tappe evolutive, per crescere ed evolvere, anche quando i genitori non sono pronti a lasciarli andare, perché sentono più urgente esprimere se stessi e andare, piuttosto che compiacere le ansie e le resistenze genitoriali. Arrivano anche a mentire e agire di nascosto, pur di essere e fare esperienze, perché hanno fame di vita.
Obbediscono al richiamo della crescita, più che alla spinta all’immobilita del genitore spaventato. Sentono l’inevitabilità del loro passaggio di vita che preme e si affidano a questa saggezza intuitiva più che ai genitori, ritenendo più giusto ascoltare il sè, che compiacere l’ansia genitoriale che chiede di star fermi.
🎈 Il figlio compiacente, al contrario, preferisce rinnegare se stesso più che il proprio genitore, scegliendo di prendersi cura dell’ansia genitoriale e non del proprio bisogno. Quindi rinuncia a fare i propri passaggi di vita, perché risponde al bisogno, implicito e sommerso, che il genitore gli chiede. Sacrifica se stesso, per prendersi cura del genitore e, con la propria rinuncia, garantisce a lui serenità.
Un esempio molto semplice e concreto di questi due funzionamenti emotivi nei genitori e nei figli, possiamo osservarlo facilmente.
● Quando osserviamo i bambini al parco, al mare e in altri contesti liberi, vediamo bene come a genitori tranquilli che fanno fare le esperienze, pur monitorandone la sicurezza, corrispondono bambini più o meno vivaci, in base al loro temperamento, che sentono di poter fare, di esplorare e di esperenziare, perché il genitore è lì a incoraggiare e dare sicurezza.
●Poi abbiamo genitori che, pur essendo preoccupati o ansiosi, gestiscono la loro ansia autonomamente e in modo adulto, senza caricarla sui figli e senza impedire loro le esperienze, perché sanno che non è giusto che la loro paura debba trovare rimedio nella limitazione del bambino.
● Quando il genitore è ansioso, iperpreoccupato e spaventato che ad ogni esperienza nuova possa corrispondere una tragedia imminente, chiede al figlio di non allontanarsi, di non fare cose vissute come pericolose, in generale quindi di inibirsi, limitarsi e frenare la propria sana esuberanza di bambino, perché l’ansia che ne deriva viene vissuta come insopportabile.
Il passaggio interno è tale per cui il genitore ansioso, non gestendo individualmente la propria ansia, chiede al figlio di “risolverla”, eliminando quelle che, per il genitore, sono le cause di paura e restringendo moltissimo il proprio spazio di vita. Il bambino può “decidere” di avere due tipi di risposta, ovviamente in base al proprio temperamento.
🎈 Il bambino adattato e compiacente, si prende cura del suo genitore. Rinuncia ai propri bisogni esplorativi, inibisce i sani processi di esperienza e crescita, motoria emotiva e intellettiva, rimanendo in prossimità del genitore, per farlo stare tranquillo e non suscitarne le ansie e le paure. Il premio emotivo a questo sarà la simbiosi con il genitore, il riconoscimento di figlio educato, bravo e buono, l’armonia familiare; il danno interno sarà la perdita di occasioni di crescita e l’inibizione dei processi evolutivi, fino alla rinuncia al proprio sè autentico, nei casi più gravi.
❣️ Il bambino ribelle, al contrario, orientato e sintonizzato sanamente sui propri bisogni, disobbedisce al genitore ansioso, rifiutandone le paure invalidanti e opponendosi a sacrificare il sè per compiacere le ansie genitoriali.
Ovviamente ne scaturisce un conflitto, tra un genitore che chiede la rinuncia e il sacrificio e il figlio che, non accettando il ricatto emotivo, viene vissuto come cattivo, ribelle e disobbediente.
Eppure dal conflitto, vissuto come negativo, si genera invece il movimento e dai movimenti nascono i cambiamenti.
Quando il genitore chiede qualcosa che non è sano, per il figlio, è molto sano ribellarsi.
Se il genitore chiede al figlio il sacrificio di sè, il figlio ha diritto di dare uno strattone e liberarsi dal laccio sacrificale, in cambio di un amore condizionato.
1. Primo passo: consapevolizzare come genitori che quello che chiediamo non è per il bene del figlio, ma per il nostro bisogno di tenere a bada le ansie.
2. Secondo passo: accogliere la natura libera e sana del proprio figlio che sa proteggere se stesso, anche a costo di un’etichetta, di una non accettazione e della rinuncia all’amore, perché condizionato.
3. Terzo passo: insegnare loro a non aver bisogno più di noi e vederli allontanarsi contenti, sapendo che ci saremo sempre.
4. Quarto passo: farsi trovare al bisogno, non recriminare o rimproverare che non hanno più bisogno di noi o, peggio, punirli negando loro l’amore perché si sono allontanati.
Attorno a questo processo si muovono grandi significati emotivi e si costruiscono diversi funzionamenti psicologici, quindi è molto importante lavorare bene nella direzione dell’essere pronti per lasciare andare i figli, quando loro sono pronti.
I figli sono nati da noi, non per noi e, attraverso il nostro contributo, li diamo alla vita perché vadano nel mondo a costruire la loro storia.
E come dice Ratatouille, altro bellissimo cartone animato, quando il padre ansioso che non vuole lasciarlo andare, gli chiede:
“E ora dove vai?”,
lui risponde sicuro:
“Con un pò di fortuna, avanti”.
Il compito evolutivo dei figli è andare avanti e oltre i genitori, quello dei genitori è guardarli da lontano, orgogliosi e sereni del lavoro svolto e dell’amore profuso e ricevuto nel cammino.
Daniela Marinelli🌻