Il legame d’attaccamento nella relazione di coppia
Categoria : Scritti
Il legame d’attaccamento nella relazione di coppia
Scriveva Margherite Yourcenar:
“L’amore è un castigo. Veniamo puniti per l’incapacità a rimanere da soli”
Ho scelto questa frase per iniziare questo scritto perché, oltre ad essere bella, è significativamente utile a rappresentare il concetto fondamentale di quanto cercherò di chiarire, seppure in poche righe: l’eterno e irrisolvibile conflitto fra amore e autonomia.
La dipendenza emotiva, spesso scambiata per amore, risulta inconciliabile con l’autonomia autentica e profonda: rara l’indipendenza interiore che ci fa sentire l’altro come un complemento di felicità e non un bisogno di sopravvivenza.
Proviamo a capire le radici psicoemotive di quanto affermo, alla luce della teoria dell’attaccamento.
L’attaccamento è il legame profondo che lega il bambino alla sua figura di riferimento, dalla quale non vuole essere separato e da cui ha bisogno di ricevere quanto gli occorre in cura, premura, amore e sicurezza.
Dalla sana dipendenza fisica ed emotiva, il bambino passa, attraverso specifiche e lente fasi di crescita, alla costruzione della base sicura e, quindi, alla maturità e all’autonomia.
Passaggi intermedi e fondamentali sono:
- la capacità di separarsi senza che questo comporti una perdita interna;
- la costruzione della base sicura, assimilabile al concetto freudiano di costanza dell’oggetto: l’altro esiste dentro di me, come oggetto d’amore interiorizzato alla cui sicurezza posso accedere anche senza la presenza fisica:
- la formazione del modello operativo interno (MOI): sulla base della qualità che ho ricevuto dal mio caregiver costruirò una mappa mentale ed interna che mi guiderà nelle relazioni future: la relazione che ho stabilito con le mie prime figure di riferimento diventerà il modello interno su cui si orienteranno le scelte del partner.
Nelle relazioni di coppia diventa significativo proprio questo della teoria dell’attaccamento.
Il valore che le figure genitoriali ci hanno trasferito diventa la modalità con cui ci presentiamo nella relazione con l’altro. Quindi, se siamo stati svalorizzati, maltrattati e poco amati tenderemo a orientare le nostre scelte verso partner dai quali, per continuità e riconoscimento inconscio, continueremo ad essere svalutati, maltrattati, poco amati.
È proprio qui il paradosso: non avendo ricevuto da piccoli ciò di cui avevamo bisogno, “riconosciamo” solo il copione già vissuto, che non consente la riparazione, ma unicamente la coazione a ripetere.
Noi pensiamo di scegliere il nostro partner, in realtà è il nostro MOI a scegliere per noi, dall’interno e silenziosamente.
Unica possibilità di interrompere il processo automatico e modificare il copione, offrendoci così la possibilità di “vedere” una strada riparativa, è la conoscenza di se stessi: quel doloroso e profondo percorso che dalle tenebre degli automatismi, può condurci alla luce della consapevolezza.
Solo lavorando le proprie ferite del passato possiamo avere la possibilità di vivere relazioni d’amore in autonomia.
In realtà l’autonomia non nasce dalla mancanza di ferite (condizione impossibile, ahinoi!), ma dal riconoscimento di esse e dalla responsabilità che ognuno si assume di esse. Occupandosi in prima persona della riparazione delle proprie ferite in modo funzionale e adeguato facciamo in modo di non presentarci in una relazione feriti, appesantiti, addolorati o deprivati chiedendo silenziosamente all’altro inconsapevole, di riparare i nostri dolori, riempire i vuoti, placare le angosce, curare le ferite.
Incontrare veramente un altro, non i nostri bisogni frustrati da gratificare nell’altro: è questo l’inizio della vera libertà di amare.
Daniela Marinelli